Sono a Bali da più di un mese, in fuga dal Coronavirus in Cina, e mi rendo ormai conto che forse questa esperienza è in assoluto la più diversa fra quelle fatte negli ultimi dieci anni.
Conoscevo quest’isola abbastanza bene, dato che ci vengo in vacanza quasi tutti gli anni da quando viviamo in Asia. Grazie anche al fatto che un pezzetto della nostra famiglia ci vive.
Bali per questo è stata eletta più volte luogo delle nostre riunioni di famiglia.
Viverci però, giorno per giorno, è sicuramente un’altra cosa. Vivere la quotidianità, fare la spesa, recuperare la pupa a scuola.
Io sono una cittadina dentro e finora la mia esperienza asiatica si é svolta in metropoli vere e proprie, con mia grande gioia.
Sono nata al mare, lo amo, ma a me è sempre piaciuto vivere in città. Fin dai tempi del mio amore per Milano, ai tempi dell’università.
Mi fa stare bene sapere che in città troverò tutto quello di cui ho bisogno. Amo avere un quartiere e camminarci dentro per chilometri. Così come prendere i mezzi pubblici, affacciarmi alla finestra e vedere i tetti e i grattacieli.
Amo la sensazione di vita, di fermento che la città ti dà.
Da un mese a questa parte sono arrivata in campagna. Una campagna bellissima, verdissima. Ma una campagna.
Bali mi ha stesa col suo traffico agghiacciante, causato dalla totale assenza di mezzi pubblici, tanto che praticamente ognuno possiede un motorino o una macchina. E poi l’assenza di marciapiedi, il caldo afoso, le mucche placide che pascolano nei campi ai bordi della strada.
I paesaggi di risaie tanto belli quanto infestati di zanzare.
Le ville, a volte bellissime, ma decisamente poco funzionali. Sì ok, spettacolare il bagno a cielo aperto con vasca olimpionica in mezzo alle piante e ai ciottoli decorativi, tutto molto “Mangia prega ama”. Bello se sei in vacanza due settimane, quando sai di poter tornare alla tua meravigliosa cabina doccia al diciannovesimo piano del grattacielo specchiato (ogni riferimento al mio appartamento a certi appartamenti di Shanghai è puramente casuale).
Ma nella vita reale, quella di tutti i giorni, ti pare che io voglia lavarmi con i ramarri? E avere a che fare con la fila di formiche in dispensa perché la cucina dà sul giardino?
Sono una rompiscatole, lo so. Ed è per questo che ho imparato a fare esercizio di gratitudine: sono fortunata. Ho due passaporti che mi permettono di viaggiare senza problemi, ho accesso alle cure mediche di cui ho bisogno, faccio yoga in mezzo al verde e ho già individuato i miei coffee shop del cuore.
Insomma, Bali rischia di diventare il primo vero cultural shock di questi ultimi dieci anni di vita nomade. Ma insomma, qui siamo pronti a tutto… non saranno due gechi a fermarci!
Veronica, Cina
Giustissimo Veronica. Non saranno 2 gechi a fermarti. Prosegui, resisti, e goditi la pupa in serenità.
Passerà anche questo.